Dal 2010, la giornata Mondiale contro la CyberCensura invita a riflettere sulla libertà di pensiero e di espressione.
Ancora oggi esistono molti paesi che censurano la rete controllando i contenuti pubblicati e pubblicabili; inoltre, nel mondo, circa una persona su tre non ha accesso alle comunicazioni online.
Freud parlò della censura sostenendo che essa agisce nel sogno impedendo a desideri inconsci di emergere in maniera esplicita all’interno della coscienza. Essa non è dunque un argomento di interesse esclusivamente sociale, ma riguarda anche aspetti individuali poiché le persone, a volte, possono trovarsi in difficoltà a confrontarsi con alcuni contenuti della propria psiche.
Spesso i sogni appaiono bizzarri e disorganizzati, questo avviene perché la censura, insieme ad altri “meccanismi di difesa”, costringe la mente ad individuare strategie per “camuffare” i contenuti inconsci al fine di renderli tollerabili alla coscienza, a volte sostituendo un oggetto con un altro, altre volte scambiando azioni tra loro.
Similitudini e differenze
Per certi versi, la censura che agisce a livello inconscio e la censura che viene attuata da alcune organizzazioni mostrano analogie. Entrambe evitano che alcuni tipi di desideri, impulsi, atteggiamenti o pensieri possano emergere mettendo a rischio la stabilità di un sistema consolidato, sia esso sociale o individuale (come “l’Io cosciente”).
La censura è tanto più potente quanto più potenti sono gli strumenti che essa deve contrastare; per questo motivo nel 2010 è stata indetta la giornata per la CyberSecurity. Nell’ultimo ventennio internet ha reso possibile un rapido sviluppo sociale ed è diventato un grande mezzo di comunicazione, confronto e diffusione. Esso ha reso possibile il continuo reperimento di pensieri, fino ad arrivare, negli ultimi anni, al paradossale problema opposto alle limitazioni: la nascita e la diffusione delle fake news. Nei paesi in cui l’informazione viene ostacolata o controllata, la spinta verso la ricerca della libertà d’espressione ha portato le persone a costruire, seppur con rischi, strategie di comunicazione alternative capaci anch’esse di “camuffare” i contenuti eludendo i controlli.
In altre parole, come avviene per i meccanismi intrapsichici, le forze in gioco si muovono costantemente cercando un equilibrio e, laddove alcuni regimi tendono a reprimere la diffusione di alcuni pensieri, questi viaggiano in maniera sotterranea, trovando in segreto il loro modo di emergere.
Nonostante le analogie, vi è però una grande differenza che va considerata nell’osservare la “cybercensura” e la censura “individuale”: per la psiche la rimozione non viene calata dall’alto. Non è la coscienza ad imporre la censura di impulsi e desideri per essa non tollerabili, ma l’inconscio stesso, come fosse in qualche modo capace di una propria autonomia consapevole.
La cybercensura viene invece imposta da governi che bloccano social media, contenuti politici critici, notizie ed opinioni riguardanti temi sociali o conflitti. Sono dunque gli stessi soggetti che temono alcuni contenuti a renderli inaccessibili.
In questo modo generano uno squilibrio sociale, poiché non vi è nulla di più paradossale del cercare nella moltitudine l’univocità. Nel caso della censura sociale, la conseguenza è, come un ouroboros, anche la causa poiché la censura diventa essa stessa legittimazione dell’esistenza sociale di un contenuto.
Ostacolare una cosa ne implica l’esistenza.
Il benessere è spesso il risultato di forze opposte in equilibrio e per questo motivo l’eccesso di repressione generato dalla censura o l’eccesso di notizie fino ad arrivare alle “fake news” rappresentano esempi di un sistema sociale in sofferenza.
Il 12 marzo è il giorno in cui celebrare la libertà, in particolare quella che viene ricercata da coloro che, nonostante tentativi di soffocare le libertà, provano e rischiano al fine di ripristinare un equilibrio fondamentale per il benessere della società, non solo dell’individuo. La moltitudine è sempre una risorsa se comparata all’unilateralità.
Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati.
Bertolt Brecht
Articolo a cura di: Dott. Carlo Leone
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